La parabola raccontata da Gesù nel Vangelo di oggi può apparire, alla maggior parte degli ascoltatori,  una “follia”. Tutti i calcoli umani qui saltano. Prende spazio una “bontà” che vuole essere e rimanere sovrana rispetto agli schemi di giustizia mondani.

La bontà di questo padrone della vigna supera la giustizia. L’amore, che si esprime nel dono di poter lavorare, non si merita, si accoglie. Dio non é un commerciante, un proprietario terriero. É un Padre “che ama in perdita, ama per creare felicita” (Ermes Ronchi).

L’errore degli operai della prima ora consiste  nel dare più importanza al loro lavoro che al dono di poter lavorare nella vigna.
Nel regno di Dio le leggi sono diverse dal quello degli uomini. “Non é un Dio che calcola e sottrae, ma aggiunge continuamente un di più”. (Ermes Ronchi).

Al centro del cuore di Dio c’è l’uomo. “La gloria di Dio é l’uomo che vive” (sant’Ireneo di Lione). Al centro del regno degli uomini ci sono il denaro è la produttività. Per questo spesso non capiamo questa parabola. Se l’operaio dell’ultima ora fosse nostro fratello? Un caro amico? Proverei lo stesso risentimento? Quando guardiamo e lèggiamo la parabola con gli occhi dell’amore, di chi é coinvolto nella vita degli uomini concreti, non potremmo che commuoverci per la magnanimità di cuore del padrone.

Facciamoci una domanda: quale posto mi attribuisco in questa parabola? Noi che siamo da tanto tempo nella vigna del Signore ci sentiremmo meglio rappresentati dai primi che sono chiamati. É veramente vero. Ma oggi vogliamo pregare che di vivere l’essere i primi con il cuore pieno di gratitudine degli ultimi.