La vita è un invito a fare festa. Il motivo dei festeggiamenti è il bene che vivono il Re e suo Figlio. L’esistenza intera, il mondo, la creazione, sono un invito di Dio a prendere parte alla sua gioia. Il nostro Creatore e Redentore non tiene per sé i suoi tesori, ma li comunica, li vuole condividere con l’umanità. Essa però, essendo stata pensata con il libero arbitrio, può scegliere di partecipare alla gioia del Padre o rifiutarsi.

In questa parabola siamo di fronte alla triste possibilità del rifiuto del dono. perché opponiamo tanta resistenza? E’ difficile accettare il bene gratuito, perché la condizione per accoglierlo è il non potere dare nulla in cambio.

Noi uomini dell’era dell’onnipotenza tecnologica, facciamo molta fatica ad accettare qualcosa di gratuito che non nasce dalle nostre mani, dalla nostra capacità di progettare. Oggi è diventato imbarazzante lasciarsi amare gratuitamente, farsi vedere bisognosi. Non c’è spazio per la gratuità. sembra quasi un offesa alla nostra onnipotenza.

La resistenza al dono è rappresentata molto bene dall’invitato che viene trovato privo dell’abito nuziale. Nell’antico Israele, quando i signori invitavano alle feste, consegnavano agli invitati un abito, normalmente un mantello, con il quale si mostrava la propria partecipazione alla festa e la gratitudine per l’invito. Il rifiuto dell’abito è il rifiuto della gratuità dell’invito e del dono dono del Re.

L’orgoglio è il motivo di tale resistenza. Anche san Pietro ha provato questo rifiuto la sera in cui Gesù ha voluto lavare i piedi agli apostoli. Lasciarsi lavare i piedi sembrava un offesa a Gesù, ma in realtà penso sia anche un sentimento inconscio che ci porta spesso ad essere imbarazzati. Provare a contraccambiare il dono sembra quasi dire la possibilità che anche senza quella gratuità possiamo vivere.

Invece è proprio la “grazia” la novità del Cristianesimo. Zaccheo, le Maddalena, la donna adultera, san Matteo, San Paolo, sono stati coloro che non hanno opposto resistenza al dono gratuito della misericordia di Cristo. Perché in loro era chiara la coscienza che le loro forze erano insufficienti per potere cambiare la loro vita.

Chiediamo di abbandonare l’abito dell’orgoglio, della supponenza patologica di sé, per poterci rivestire dell’abito della grazia che ci fa creature nuove.