La pesca miracolosa descritta dall’evangelista Luca è un faro su quella realtà così importante nella vita cristiana che si chiama “vocazione”.
Questa parola è la più adeguata a descrivere il mistero dell’esistenza di ciascuno, perché mette insieme l’iniziativa di Dio e la risposta dell’uomo.
Fin dal primo istante della nostra esistenza nel grembo di nostra madre siamo oggetto di una scelta. Non abbiamo voluto nascere. Esistiamo e siamo fatti in un determinato modo, con un corpo, un carattere che accettiamo oppure facciamo fatica a farlo.
Siamo stati pensati, generati, accolti e amati. Nel tempo abbiamo iniziato a compiere i nostri sbagli, piccoli o grandi che siano. Grazie ad essi ci siamo accorti di una ferita nel cuore che spesso ci porta a manomettere la nostra vita, a non farla funzionare bene.
Così è stato anche per l’apostolo Pietro, il quale, davanti al miracolo compiuto da Cristo sulla sua barca, ha un impeto di consapevolezza di essere così indegno e lontano dalla bellezza offertagli dal Signore che subito si tira indietro: “Allontanati da me”.
Ha ragione Pietro a dire così? Sì e no. É vero che lui, come tutti gli uomini, non è perfetto come Dio, ma è altrettanto vero che Cristo ha già superato questa sua condizione. Lo ha già scelto senza che lui potesse dimostrare almeno di volere cambiare.
L’agire del Mistero non è dettato dalle nostre condizioni morali. Gesù è libero, soprattutto davanti ai nostri limiti. Da questo si capisce che è Dio, perché afferma l’uomo in tutta la sua integralità, non fermandosi ai suoi difetti.
La vocazione non è la prova per vedere se siamo all’altezza del compito che Cristo ci ha affidato, ma è la strada attraverso cui il mistero ci fa camminare per sentire sempre di più il bisogno che Lui porti a compimento l’opera che ha iniziato.
Quando ci fermiamo ai limiti nostri o a quelli degli altri ci mettiamo in una condizione opposta allo sguardo di Cristo, che ci sceglie limitati proprio perché la nostra domanda di salvezza a Lui sia più vera.
I limiti ci servono per non diventare superbi, per spostare il baricentro della vita dal nostro ombelico al volto di Gesù.
Solo così potremo prenderemo il largo, non perché sicuri di noi stessi, ma della Sua presenza nella nostra vita. Così saremo strumenti di tanti miracoli, portatori di una umanità che tiene insieme debolezza e gioia, limite e pace, miseria e letizia.
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