VI Domenica del T.O. (Anno C) – 16 febbraio 2025

Le beatitudini descritte dall’evangelista Luca sono una bella notizia che porta in sé un ammonimento legato al rifiuto del messaggio evangelico.

Beati i poveri”. Non è beata la povertà, ma la persona povera che ha la ragione per riconoscere cosa quella povertà genera nella vita. Per esempio, la consapevolezza di essere peccatori e la conseguente apertura ad essere perdonati.

Un povero normalmente ha più spazio dentro di sé per le novità di chi invece si sente a posto, arrivato, sazio.

Beati voi che piangete”. È paradossale questa beatitudine. Il pianto è un segno di commozione, ma anche di dolore, di nostalgia.

Felici sono quelli che si commuovono perché hanno fatto esperienza di essere amati, perdonati, curati, attesi senza averlo meritato. Felici sono coloro che sentono sempre una mancanza in tutte le cose che toccano e vivono. Perché felici? Perché hanno riconosciuto che le cose o le persone non possono essere il motivo della loro speranza, perché sono limitate.

Felici perché il dolore, l’inquietudine, la nostalgia sono l’antidoto al potere che ci vuole banali, superficiali e poco desiderosi.

Guai” traduce l’esclamazione che gli antichi ebrei pronunciavano nel momento del lutto. Non è infatti una minaccia, quando si piange per una persona che muore, ma è il grido di dolore per aver perso una vita preziosa.

Il “guai” di Cristo va letto come quando un genitore ammonisce il figlio, non per umiliarlo, ma perché si è messo in una strada di morte, dove sta perdendo la vita.

Guai a chi si attacca alle cose, guai a chi crede che la felicità nasce dal possedere tanto. Essa vive in chi invece dona tutto, non per rimanere senza niente, ma perché ha già l’essenziale ed è libero dal superfluo.

Guai a coloro che ridono”. C’è un modo di ridere che in realtà è una gaia disperazione di chi vuole dimenticarsi di tutto e si butta nello sballo, nel divertimento. Guai a coloro che sono senza dramma, senza ferite, perché sono privati della possibilità di fare esperienza dell’eterno, della vita che vince il dolore e il male.

Chiediamo a Gesù di vivere i nostri momenti di limite come una possibilità, come una promessa, come i cercatori d’oro che, davanti alla melma del fiume, sapevano di doversi sporcare le mani per poter trovare le pepite d’oro.

Preghiamo e ringraziamo anche quando la strada non è sempre diritta, perché è proprio dietro alle curve, che possono aprirsi paesaggi inaspettati.

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