Se domenica il centro della predicazione di Cristo era la correzione fraterna, fratelli, nel Vangelo di oggi siamo messi davanti alla realtà, forse la più divina, che noi cristiani siamo chiamati a vivere: il perdono.
Il termine deriva dal latino, iper-donum, dono più grande.
Cari amici, il perdono ricevuto e vissuto non è un optional per la vita, perché esso è la chiave con cui entrare nel mistero dei rapporti umani rimanendo liberi. Ciò di cui parliamo è un problema centrale dell’esistenza umana: chi non si lascia perdonare, e quindi non perdona, porta pesi spaventosi che distruggono piano piano la vita singola e quella sociale.
Il perdono trasforma quello che senza di esso è solo un elemento distruttivo.
Andiamo ad analizzare la parabola raccontata da Gesù.
Il primo debitore, di fronte alla smisurata somma che deve restituire, vive in sé una sorta di delirio di onnipotenza. Egli crede di poter estinguere il debito con le sole proprie forze: “ Abbi pazienza ti restituirò tutto”.
In altre parole, è come se dicesse al suo re: “Guarda che merito il tuo perdono. Vedrai che se mi impegno non ti pentirai, ti dimostro che ne sono degno”.
Cosa dice invece l’esperienza reale? Ci sono dei debiti che non riusciremo mai ad estinguere con le nostre sole forze. Penso ai tradimenti che vivono marito e moglie. Sono ferite che portano un peso e un dolore che non tramontano mai. Il male ricevuto lascia cicatrici indelebili anche in chi lo compie.
Solo la grazia del perdono ricevuto può aprire una finestra di luce nuova sull’esistenza ferita dal peccato.
La mancanza di desiderio di perdonare, quindi, nasce dall’assenza della consapevolezza che i primi ad aver bisogno di essere riconciliati, siamo noi. Davanti agli altri potremo apparire belli e bravi, ma dentro ognuno sa quanti “diecimila talenti” di male ha compiuto, anche solo nel pensiero.
Il nostro impegno non basta per estinguere il debito, altrimenti Cristo diventerebbe lui stesso un “optional” per vivere.
Se non vivo su di me la misericordia di Cristo, sarò sempre duro e giustizialista davanti al male dei miei fratelli. Il dolore per il male che ho commesso, invece, mi rende più umano e più umile, anche nel caso di una possibile correzione fraterna.
Perché è difficile ricevere il perdono? Dice don Giussani che il perdono è una realtà scomoda perché ci costringe a ricominciare il rapporto con chi ci ha perdonato. Se invece ognuno rimane fermo nella sua ragione, senza entrare in contatto con chi ha litigato, rimane più tranquillo.
Il perdono svela il cuore di chi lo riceve.